La giustizia è un
valore universalmente riconosciuto come fondativo della nostra società ,
principio fondamentale delle costituzioni democratiche, del diritto e delle
religioni. Ma come possiamo definirla? Senza volersi addentrare in questioni
teoriche, morali o religiose, forse un punto di partenza per comprenderne il
significato – soprattutto nel campo sociale – è quello di partire da un dato
oggettivo eclatante quale possiamo leggere ad esempio in wikipedia, alla
voce “distribuzione della ricchezza”:
·
metà della ricchezza netta del mondo appartiene all'1% superiore,
·
il 10% superiore degli adulti detiene l'85%, mentre il 90% inferiore
detiene il restante 15% della ricchezza totale del mondo,
·
il top 30% degli adulti detiene il 97% della ricchezza totale.
Si tratta di un
dato che conferma la tendenza mondiale ad una forte sperequazione che allontana
sempre di più il polo della ricchezza da quello della povertà .
Ma qual è la
relazione con il concetto di giustizia?.Il nostro intento non è certo quello di demonizzare la ricchezza o il denaro in sé.
Questo ha un ruolo fondamentale nella nostra società , è indubbiamente un indice di riconoscimento essenziale del nostro valore. E può essere considerato addirittura come l’energia che alimenta i nostri comportamenti virtuosi, quando questo suscita speranze, desideri o istanze progettuali.
Questo ha un ruolo fondamentale nella nostra società , è indubbiamente un indice di riconoscimento essenziale del nostro valore. E può essere considerato addirittura come l’energia che alimenta i nostri comportamenti virtuosi, quando questo suscita speranze, desideri o istanze progettuali.
Qui quello che
conta non è un discorso morale ma le implicazioni sociali derivanti
direttamente o indirettamente dalla diseguaglianza del reddito. Il rischio è
quello che la diseguaglianza economica si rifletta sull’accesso ai servizi
essenziali, sul riconoscimento dei diritti e delle aspirazioni degli individui,
creando lacerazioni insanabili nella società e da qui, nei ceti più deboli, un
senso di rassegnazione e di impotenza o al contrario un forte senso di ostilitÃ
o risentimento.
Si pensi ad esempio all’Italia del sud dove i ceti più deboli sono un bacino importante da cui la mafia attinge abbondantemente per reclutare nuovi adepti, grazie alla sua capacità di intercettare questo malcontento e di offrire una strada alternativa per un riscatto sociale, seppure in attività illegali e criminali.
Si pensi ad esempio all’Italia del sud dove i ceti più deboli sono un bacino importante da cui la mafia attinge abbondantemente per reclutare nuovi adepti, grazie alla sua capacità di intercettare questo malcontento e di offrire una strada alternativa per un riscatto sociale, seppure in attività illegali e criminali.
Le differenze di
ricchezza possono anche inquinare e corrompere l’idea stessa di legge “uguale
per tutti”. Non si tratta solo di differenze tra chi si può permettere un buon
avvocato e chi un semplice avvocato d’ufficio. È noto come spesso – anche in
paesi con una forte tradizione del diritto – le questioni giudiziarie vengano
risolte non sulla base di leggi giudiziari ma sulla base del peso finanziario
dei vari contendenti o addirittura corrompendo il giudice.
In un mondo dove
i centri di potere economico sono sempre più accentrati in poche persone, lo
stesso concetto di “legge” – come nota il filosofo Todorov – tende a essere
sostituito dal concetto di “contratto” appunto perché quello che conta non è
l’idea di un principio di equità , valido in generale, ma un rapporto esclusivo
tra due parti, in base a specifici rapporti di forza. Allo stesso modo l’idea
di libertà individuale diventa sempre più qualcosa di fittizio nella misura in
cui questa si rapporta solo alle proprie capacità finanziarie.
Alla luce di
queste considerazioni potremmo allora provare a dare una prima e semplice
definizione di giustizia sociale: è un valore di uguaglianza e libertà che si
realizza in una società in cui il polo della ricchezza e della povertà tendono
ad avvicinarsi.
Siamo consapevoli
del fatto che questa definizione sia basata su una presa di posizione forte che
pone in stretta relazione giustizia sociale e distribuzione della ricchezza. Il
nostro intento non è quello di stigmatizzare le diseguaglianze tout court:
è inevitabile e, in un certo senso, “giusto” che ci siano differenze e
gerarchie di valore tra gli individui, anche in termini di ricchezza, proprio
perché ognuno è portatore di capacità e talenti con diverso valore.
Ma questo è esattamente il fine ultimo della giustizia sociale: quello di garantire il libero sviluppo delle proprie capacità , in una relazione produttiva con il mondo circostante, non solo gli altri individui ma lo stesso ecosistema che ci circonda
.
Ma questo è esattamente il fine ultimo della giustizia sociale: quello di garantire il libero sviluppo delle proprie capacità , in una relazione produttiva con il mondo circostante, non solo gli altri individui ma lo stesso ecosistema che ci circonda
.
Secondo la nostra
definizione, la giustizia sociale richiede un certo grado di ridistribuzione
della ricchezza e un contesto in cui il denaro non giochi alcun ruolo di potere
ma sia solo un mezzo di riconoscimento del valore o di realizzazione della
propria felicità . Solo su queste basi è possibile immaginare quell’equilibrio
tra bene comune e libertà individuali di cui tanto parlavano i filosofi della
Rivoluzione francese.
Si tratta di
un’utopia irrealizzabile? Potremmo
definirlo un ideale, qualcosa a cui potremmo sempre ispirarci anche nel nostro
piccolo, magari cercando non di “corrompere” il mondo che ci circonda ma di
contribuire ad arricchirlo con nuove idee e progetti “sostenibili”, nel senso
di progetti che non siano un atto di potere ma un atto creativo consapevole sia
delle nostre potenzialità che dei nostri limiti.***red
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